Quando Berlusconi auspicava la svolta repubblicana: «È il sentire comune dei nostri elettori»

Foto tratta dal profilo Facebook di Silvio Berlusconi

Per Silvio Berlusconi il futuro è sempre stato rappresentato da una realtà come i Repubblicani. Lo aveva detto già nel 2015, collaborando alla fondazione dell’associazione presieduta da Marco Reguzzoni, ma lo aveva ripetuto anche in tempi più recenti. Nel giugno del 2021, a una convention forzista in Val Seriana, aveva definito un progetto più ambizioso, proprio con orizzonte 2023: «Il nostro compito – affermò nell’occasione – è quello di costruire un partito repubblicano sul modello americano, nel quale il centro e la destra democratica si trovino insieme per governare il Paese. È un duplice appello quello che rivolgo agli amici del centrodestra, a Matteo Salvini e Giorgia Meloni: dobbiamo costruire quel partito unico che rappresenti la maggioranza degli italiani e che dia stabilità al governo. Per questo ho parlato, e intendo continuare a farlo, di Centrodestra Italiano. Un centrodestra orgogliosamente italiano, ma anche orgogliosamente europeo e occidentale, nel quale ognuno porti la sua identità, i suoi valori, la sua storia, ma che sappia parlare con una voce unica».

La visione del Cavaliere è sempre stata improntata anche alla prudenza, ma non per paura, bensì per la consapevolezza di quanto sia necessario strutturare un percorso serio e complesso per arrivare al traguardo: «Ha ragione – sosteneva – chi dice che una grande costruzione politica come quella che propongo non si improvvisa, non si realizza in pochi giorni, non può essere calata dall’alto, non può essere una fusione a freddo, tanto meno una fusione per incorporazione. Ma si può cominciare da un coordinamento delle iniziative parlamentari, poi coinvolgendo tante persone e tante energie, eletti, militanti, e anche esponenti della società civile oggi lontani dalla politica. Si tratta di trasformare in un movimento politico unitario quello che già oggi è il comune sentire di tanti elettori».

Come detto, il progetto era nella mente di Silvio Berlusconi già nel 2015, quando aveva concordato con Reguzzoni la nascita dei Repubblicani. A quel tempo, il nemico era il governo Renzi, «emblema di una democrazia sospesa, con un premier che non è stato eletto dai cittadini». E allora invocava di iniziare a «trasformare l’Italia in una democrazia moderna, con democratici e repubblicani. I democratici ci sono, i repubblicani o come li chiameremo abbiamo il dovere di riunirli in un grande movimento per farli diventare maggioranza politica. Questo è il futuro che vedo per noi e per il nostro Paese».

A gennaio del 2023, a pochi mesi dalla sua scomparsa, il Cav aveva ribadito il concetto: «Il centrodestra è tornato a governare il Paese e guida la maggior parte delle Regioni. La nostra è una coalizione unita, credibile, fatta di rapporti leali fra forze politiche diverse, ma capaci di lavorare insieme da quasi trent’anni. Una coalizione che un giorno potrebbe essere un partito unico, sul modello dei Repubblicani americani, senza perdere in nessun caso il suo carattere plurale che valorizza storie diverse, culture diverse, linguaggi diversi capaci di confluire in un progetto comune».

Oggi, l’associazione I Repubblicani, ha il compito di lavorare per convincere i politici che è necessario unire i tanti partiti e partitini esistenti per dar vita a un grande movimento popolare, di massa e democratico.

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