I Repubblicani – con sguardo sugli USA – non sono il PRI: piccola guida per non fare confusione

Non c’entra nulla il Partito Repubblicano Italiano di Giovanni Spadolini e Ugo La Malfa, che affonda le proprie radici nella dottrina mazziniana. La scelta del nome dato all’Associazione I Repubblicani – nata nel 2015 e oggi presieduta da Marco Reguzzoni – va invece riferito al Partito Repubblicano degli Stati Uniti d’America, per meglio dire alla sua storia e alla funzione che ha avuto nel tenere assieme uno schieramento alternativo a quello dei Democratici. Più che un’analogia, è dunque un’ispirazione.

Oltretutto una precisazione è d’obbligo: non è certamente una collocazione trumpiana quella che contraddistingue oggi l’associazione politica italiana. «Lo spunto – precisa il presidente Reguzzoni – che animò me, Silvio Berlusconi e altri amici radunati ormai otto anni fa nel lancio di un’iniziativa che guardasse a un assetto politico nuovo e confederato del centro e della destra moderata, prendeva ispirazione da un partito di massa che negli States ha garantito quasi duecento anni di alternanza democratica di governo. Ancora adesso la direzione resta identica, ma non è Donald Trump a incarnare l’atteggiamento e la visione che ci caratterizza nel profondo. Così come è superata la divisione fra centrodestra e centrosinistra quando si affrontano certi ragionamenti».

Ciò che il nome vuole evocare è soprattutto il concetto di liberismo in campo economico, lo storico impegno nelle leggi anti-monopolio e, più in generale, la prospettiva di arrivare a un’unione di forze (che non significa una fusione forzata di partiti) finalizzata a vedere con una prospettiva differente l’evoluzione degli scenari politici, anche con una proiezione verso la dimensione europea che dia un senso complessivo alla sfida.

I Repubblicani d’oggi, il cui cammino risale all’elezione a presidente di Abramo Lincoln nel 1861, rappresentano insomma tante cose differenti, sintomo di una complessità che non intacca tuttavia l’omogeneità delle ideologie di base, per molti tratti proprie dei conservatori inglesi, ma non con l’accezione negativa che il termine ha assunto. Tutto ciò avviene con una visione moderna della società che punta sulla priorità dei Comuni al centro di una proposta federalista, sulla costruzione di una nuova Europa e su un liberismo di mercato che si sleghi dalle logiche dettate dai grandi monopoli e dalla concorrenza sleale.

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