Inverno demografico sempre più freddo: il Sud perde gran parte dei suoi giovani

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In Italia la crisi demografica continua a essere un problema serio. La curva discendente non si arresta dal 2008, ed è ormai di uso comune la definizione di «inverno demografico», condizione che vede crollare il tasso di natalità, con un’età media in aumento e un numero di decessi che supera quello dei nati.

«La persistente questione giovanile» afferma il report dell’Istat di ottobre, «deriva da una preoccupazione di fondo per una fase della vita sempre più complessa sul piano identitario, delle opportunità e qualità del lavoro, del protagonismo sociale più in generale».

Sempre in questo report, emerge che l’Unione Europea avrebbe predisposto un piano per portare i giovani a essere «attivi nella democrazia e nella società». Come possa concretizzarsi questa buona intenzione, però, resta un mistero.

Considerando le difficoltà dei giovani italiani a trovare un reddito stabile e a uscire dal «nido», i dubbi sul futuro demografico ed economico del Paese restano più che legittimi, a maggior ragione se ci si concentra sulle statistiche del Mezzogiorno.

Il Sud presenta una preoccupante perdita di popolazione giovanile, con una flessione del 28% dal 2002 a oggi; secondo le stime, nel 2061 gli ultrasettantenni saranno il 30,7% contro il 18,5% del Centro-Nord.

La decrescita, che coinvolge lo Stivale anche ben sopra a Roma, porterebbe a conseguenze gravi. Se mancano nuove forze, come possono funzionare il sistema sanitario e quello previdenziale? Bisogna dare massima priorità alla gestione di questo problema; in gioco c’è il nostro futuro.

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