L’Europa ricicla la plastica, ma l’economia del riuso viene messa in ginocchio slealmente da India, Cina e Turchia

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Foto Pexels

India, Cina e Turchia, ma anche Indonesia, Egitto e Vietnam, stanno facendo soldi a spese dell’Europa persino nel settore della plastica riciclata. Come hanno analizzato dagli esperti di Plastic Recyclers Europe, se nel Vecchio Continente si procede nell’introduzione di comportamenti ecologici virtuosi di norme che – quando non limitano l’uso delle plastiche – insistono per il ricorso a materiali recuperati, dall’altra parte del pianeta c’è chi sta approfittando della situazione aggirando ogni regola.

I dati parlano chiaro: sul fronte dei polimeri riciclati, il 2023 ha segnalato un abbassamento notevole del prezzo d’acquisto accompagnato da un aumento fortissimo delle importazioni extra UE. Sono soprattutto indiani e cinesi a garantire costi bassi alle aziende che necessitano dei materiali, grazie alla manodopera sfruttata e senza tutele, alla poca attenzione per le norme ecologiche di lavorazione (un controsenso, visto che l’uso delle plastiche riciclate nasce proprio da uno spunto ambientalista) ma anche alla scarsità di controlli sulla percentuale di prodotto riciclato, permettendo che si mettano in atto delle vere e proprie frodi.

«Una mancanza di condizioni di parità». la definiscono i responsabili di PRE, mentre vedono realtà come la Turchia aver moltiplicato per sette volte le proprie esportazioni. Gli esperti sottolineano dunque «l’esigenza che il Pet riciclato importato nell’Ue sia conforme alla rigorosa normativa sul contatto alimentare, senza rendere vani gli sforzi compiuti per creare una solida industria di settore in Europa».

La legge obbliga ad esempio chi commercializza bevande a usare almeno il 25% di plastica riciclata entro due anni e di salire al 30% nel quinquennio che porterà al 2030. Un’esigenza per cui non è possibile soddisfare tutte le necessità con la produzione interna, ma che impone di pretendere da requisiti minimi di qualità da chi vuole diventare fornitore. «Non divieti, ma controlli», è l’appello che giunge dagli imprenditori a un’Unione Europea il cui governo continua a fare il contrario di quanto serve all’economia del riciclo.

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