Produttività e formazione: così gli operai tedeschi incassano 10mila euro in più degli italiani

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Gli operai più ricchi dell’Unione Europea vivono in Germania. Non da oggi, ovviamente, ma anche in questo complesso periodo storico l’economia tedesca sta reggendo così bene da garantire ai suoi addetti delle buste paga assolutamente invitanti. La cifra dipende dal settore in cui si opera, dalla regione in cui si abita e dall’esperienza che ogni singolo porta in dote, ma la media degli emolumenti germanici è emblematica: un operaio – come ha scritto il Sole 24 Ore in un’analisi – incassa 35.491 euro lordi all’anno, mentre nel Belpaese ci si attesta ben 10mila euro sotto.

Questo avviene per le piccole imprese, perché chi entra nella filiera tedesca di realtà medie e grandi arriva a toccare – rispettivamente – circa 45mila e 49mila euro lordi di stipendio, che ovviamente sono soglie da noi inimmaginabili. Praticamente, non c’è paragone.

Così, come facevano molti dei nostri nonni decenni fa, i quali partivano per fare gli operai in Germania lasciando le famiglie pur di garantire loro una vita dignitosa, oggi il modello si ripete con dinamiche aggiornate, spingendo molti ragazzi a trasferirsi in cerca di un futuro migliore. Oltretutto, per svolgere la maggior parte di queste mansioni, non è necessario conoscere in partenza la lingua tedesca. In più non dimentichiamo che la busta paga lorda subisce in Italia una decurtazione superiore, allargando il gap.

I motivi di questa differenza vanno certamente ricercati nell’andamento dell’economia della Germania, dove prodotto interno lordo e consumi sono migliori che in Italia. Ma c’è molto di più. Intanto esiste un sistema di scuola che porta i ragazzi direttamente nelle aziende che hanno bisogno di loro: ci sono ovviamente i laureati, destinati a fare da manager, da funzionari o ad occuparsi della ricerca, ma ci sono anche tutti gli altri a beneficiare di un modello di formazione professionale decisamente efficace.

Poi è anche una questione di mentalità: in Germania non esiste l’ossessione per l’impiego di otto ore giornaliere, sotto lo stretto controllo di capi e capetti, ma si predilige maggiore flessibilità e una lista di progetti ad obiettivo che fanno aumentare le performances. Lo dimostrano i numeri della produttività dei lavoratori: secondo Eurostat, nel ventennio 2000/2020 (quindi sino alla pandemia) in Italia essa è aumentata mediamente dello 0.33% l’anno, mentre in Germania ha toccato una media tonda dell’1% ogni dodici mesi.

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