Torna a far sentire la propria voce Roberto Belloli, al fianco del progetto dei Repubblicani. L’imprenditore di Busto Arsizio, a capo di una storica azienda come la “Antonio Aspesi” (nata nel 1933 e da sempre centro d’innovazione tessile), non ha perso il suo spirito battagliero. Ma deve fare i conti con una disillusione forte da tenere a bada.
Il suo pensiero corre infatti a tredici anni fa, quando costruì una combattiva rete di colleghi del ramo manifatturiero – i cosiddetti “Contadini del tessile” – e diede battaglia perché l’eccellenza italiana fosse difesa dalla concorrenza sleale. Collaborò a fondo con Marco Reguzzoni, allora deputato, sino a conquistare l’istituzione della legge di tutela del Made In Italy, che imponeva regole stringenti sull’etichettatura, riconoscendo il valore della produzione nazionale. Ma quelle norme non sono state mai applicate.
«Oggi – ha detto Belloli durante l’assemblea pubblica di ripartenza del progetto – mi riaffaccio all’esperienza dei Repubblicani con speranza, ma con alle spalle anche una storia che mi dice quanto sia difficile ottenere risultati. I Contadini del tessile sono stati emblematici di quanto dico: allora gli imprenditori hanno risposto, ci siamo uniti, siamo andati a Roma e abbiamo fatto quello che dovevamo fare con Marco Reguzzoni. Ma a quel punto siamo stati un esempio meraviglioso di rimbalzo contro un muro di gomma. L’Europa ci ha schifato, dicendo che eravamo matti e che non potevamo introdurre l’etichettatura obbligatoria. In Italia, invece, la legge è stata certamente votata e promulgata, però i decreti attuativi non sono stati mai introdotti e adesso il ministro alle imprese Adolfo Urso ha deciso di abrogarla».
Insomma, con una vicenda così alle spalle, rimettersi in gioco non è semplice: «Mi fido di Reguzzoni e mi piace l’iniziativa dei Repubblicani. Però mi rendo conto che noi imprenditori siamo scettici quando la politica ci racconta che farà qualcosa. La verità è che nel tempo sono state prosciugate tutte le filiere produttive, quelle che portano ricchezza ai territori, e in questo momento funziona solo l’ultimo anello, vale a dire la finanza, cioè il brand, che vende a prescindere dal prodotto. La sfida è dunque ricostruire proposte concrete ma, prima ancora, tornare a farci credere nella politica e nei politici».
Belloli parla dall’alto di un percorso personale lungo e variegato: «Nella mia vita ho fatto anche il presidente di Accam, il termovalorizzatore dei rifiuti del territorio altomilanese, e per me è stata un’esperienza devastante, perché mi ha fatto conoscere il lato peggiore della politica e della burocrazia. Ora so che la partita si vince se scardiniamo un sistema importante e potente. Io ci sono, credo nel progetto di Marco Reguzzoni e nelle sue idee, però so che oggi il primo grande ostacolo da superare è costituito dallo scetticismo che accompagna tutti coloro che in Italia fanno impresa».