BCE: pausa di riflessione. Dopo i tanti rialzi, i tassi restano invariati

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Sebastiano Signò, professionista di Corporate Finance, partner in Thymos Business and Consulting, nella sua ultima riunione la BCE ha deciso di non aumentare i tassi. Cosa ne pensa?

Esatto, dopo una serie di dieci rialzi consecutivi la BCE ha deciso di lasciare invariati i tassi per i rifinanziamenti principali al 4,50%, quello sui depositi al 4,00% e quello sui prestiti marginali al 4,75%. Possiamo definirla come una doverosa “pausa di riflessione”. Il punto è se, come spesso accade anche nelle relazioni, questa pausa è arrivata al momento giusto o in ritardo.

In che senso?

Nell’Eurozona gli indici delle PMI, come le condizioni sul credito, mostravano già segnali di peggioramento – anche oltre le previsioni – in particolare per quanto riguarda il settore manifatturiero.

Ma allora la BCE ha agito nel modo sbagliato?

Non proprio. La BCE ha tra i suoi compiti quello di contrastare l’inflazione e il principale strumento a sua disposizione è l’aumento dei tassi d’interesse. Piuttosto, credo che qualche perplessità si possa riscontrare nella modalità e nella forma con cui sono state prese determinate decisioni sia in questi ultimi mesi che negli ultimi anni.

Quindi il problema è da ricercare non solo in questa fase ma anche in precedenza?

Credo di si, facciamo un passo indietro: dal 2010 a metà 2022 i tassi sono stati molto bassi, per lunghi periodi anche inesistenti. Se questo da un lato ha favorito gli investimenti, dall’altro ha creato un eccesso di liquidità che, a volte, non è stata utilizzata nell’economia reale: è come se una persona avesse talmente tanti soldi da perderne la concezione del valore e buttarli anche in iniziative senza senso favorendo la speculazione. Se da un lato ha aiutato molte famiglie a compare casa, dall’altro ha creato una generazione abituata a credere che il denaro non abbia un costo. Personalmente credo che se dovessi mettere sulla bilancia gli effetti di tali decisioni, essi sono stati molto più positivi che negativi. Ma, come in ogni eccesso, esistono anche degli effetti collaterali. E questi diventano un problema quando di colpo si cambiano radicalmente le condizioni.

E possiamo dire che in questi ultimi anni ci siamo abituati a cambiamenti eccezionali, non pensa?

Esattamente. Partendo da una situazione a “tasso zero”, abbiamo avuto: 1) la più grave pandemia mondiale degli ultimi 100 anni che ha bloccato l’economia 2) la necessità di modificare i nostri usi e consumi 3) la necessità di far ripartire l’economia 4) lo scoppio della guerra in ucraina e 5) ora lo scoppio della guerra in Israele.

Non dimentichiamo l’inflazione, motivo per cui si parla dei tassi da parte della BCE.

L’inflazione è una conseguenza. Il mondo si è fermato e poi è ripartito. Doveva recuperare. E siccome piove sempre sul bagnato, la guerra ha portato anche ad una crisi energetica che ha buttato benzina sul fuoco del costo della vita nell’Eurozona. Se da un lato l’inflazione doveva essere contrastata, forse la BCE ha avuto due atteggiamenti quantomeno discutibili: il primo è stato quello di esser stata troppo aggressiva con l’aumento dei tassi; il secondo, forse più grave, è stato quello di dare l’impressione di non avere una vera e propria strategia se non quella di copiare la Federal Reserve. Senza però tenere conto che l’inflazione negli USA è molto differente da quella che stiamo vivendo in Europa.

Oltre che per le imprese, questa situazione ha avuto un impatto sulle famiglie?

Assolutamente si. In primis perché dobbiamo chiarire che se le imprese vanno in difficoltà, i primi a rimetterci sono proprio le famiglie. In secondo luogo, perché le famiglie si trovano in una specie di tempesta perfetta ma non solo per colpa della BCE, pensiamo ad esempio al principale investimento per una famiglia: l’acquisto della casa. Il mercato immobiliare è stato da un lato influenzato dai tassi, prima bassi poi di colpo alti, e dall’altro falsato – e ci tengo a sottolinearlo – dalla misura del superbonus 110%. Questo ha creato un divario enorme tra chi aveva la possibilità ed è riuscito ad approfittarne nei due anni in cui le condizioni erano perfette per un acquisto (ma anche una vendita, in quanto il prezzo della ristrutturazione non era a carico del compratore) e chi è arrivato dopo. Ciò ha portato ad un aumento dei prezzi ma ora, come ampiamente prevedibile, è arrivato un crollo nell’erogazione dei mutui dove, secondo le stime divulgate in questi giorni, le erogazioni nel secondo trimestre sono scese del 33%.

Un terzo in meno, è una riduzione importante.

Questo è dovuto sia alle Banche che sono diventate più selettive in fase di erogazione, ma anche alla decisione da parte dei cittadini di rinunciare all’acquisto in attesa di condizioni migliori, come riduzione dei prezzi o dei tassi, infatti, nei primi 9 mesi di quest’anno, la richiesta di mutui è diminuita di quasi il 20% e le compravendite, solo nei primi sei mesi, sono calate del 16%, indice del fatto che il mercato è sostenuto da chi acquista senza necessità di finanziamento. Ma dati a parte, se escludiamo Milano che è un mercato a sé, basta fare un giro sui principali portali di annunci per vedere che gran parte delle abitazioni messe in vendita anche più di un anno fa, a prezzi allora interessanti, sono tutt’ora invendute. D’altronde un conto è spendere 100 con un mutuo al 2,0% e ristrutturarla gratis, diverso è fare lo stesso acquisto al 4,5% e pagando, o quanto meno anticipando, elevatissimi costi di ristrutturazione.

Prospettive positive o negative?

Positive perché l’inflazione sta calando, credo in parte grazie al lavoro della BCE ma in gran parte al fatto che ci stiamo lasciando il boom post-pandemia alle spalle e la Guerra in Ucraina sta vivendo una fase di stallo. Negative perché le imprese, in particolare le PMI, stanno subendo in maniera pesante la riduzione del credito e questo avrà impatti anche sulle famiglie. Se inizierà a diminuire il lavoro, il rischio di cadere non solo in recessione ma in una vera crisi è concreto. Quello che però non riesco a capire è come mai, parte del mondo politico, sia italiano che europeo, in una situazione del genere si ostina a spingere per pesare ancora di più su famiglie ed imprese imponendo obblighi di varia natura in una situazione finanziaria già complicata.

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