Farioli e l’idea di città unica: «Parliamone! Da Dell’Acqua a Malpensa, noi bustocchi siamo sempre stati dei visionari»

Gigi Farioli, bustocco doc, già sindaco per dieci anni, cosa pensa del dibattito scaturito dall’ipotesi di fondere Busto Arsizio con Gallarate?

«Come ampiamente prevedibile, la proposta-provocazione ma tutt’altro che boutade di Marco Reguzzoni ha incontrato, sulle prime, una reazione di autoreferenziale conservatorismo propria di chi occupa posizioni orientate alla gestione dello status quo. Io credo invece che chi ama la buona politica debba uscire dalla prospettiva dell’ordinario e accettare di vivere una visione e un sogno, valutando la possibilità di indicare prospettive migliori per i propri cittadini. Non bisogna dire sì subito né aderire per forza, si deve però cogliere l’indiscutibile bontà dell’idea e analizzarne contenuti e prospettive».

Proprio lei che ha sempre messo la sua città al centro del mondo, è disposto a discutere di una fusione?

«Sono stato sempre accusato di bustocentrismo e di ombelicalità bustocca, ma proprio perché sono amante della tradizione e della cultura della mia città, non vedo in questa prospettiva qualcosa di snaturante, né un sasso lanciato in uno stagno, i cui effetti sono destinati a scomparire con l’emanazione dell’ultimo cerchio concentrico. Una proposta come questa distingue il politicante dal politico, perché il primo gestisce il presente e cerca il facile consenso, mentre il secondo si pone con un atteggiamento di leadership, avanzando un progetto rivoluzionario. Magari risulterà sbagliato o inapplicabile, ma valutiamolo seriamente. Questo atteggiamento è da vero bustocco».

Il rischio è quello che, chiuso il dibattito, poi ogni mossa concreta venga snobbata…

«Sarebbe un errore impedire una vera e convinta esplorazione dell’ipotesi. Non accetto che venga derubricata perché fastidiosa o allontanata perché giudicata impossibile. Va invece capita e ragionata. Io non sono per il culto della cenere, preferisco guardare laddove si alimenta il fuoco».

Mai dire mai, insomma?

«Il vero bustocco non è mai stato chiuso in se stesso. Ha invece usato la sua passione per abbattere i confini. Penso a Enrico Dell’Acqua che ha spiegato le vele per solcare i mari e conquistare i continenti, oppure penso a Malpensa costruita proprio dai bustocchi per volare oltre gli orizzonti del quotidiano. Ripartiamo da lì, guardiamo al meglio del passato e decliniamolo al futuro».

Crede davvero che questa ipotesi di fusione possa germogliare?

«Oggi il punto non è che accada. Quello lo diranno il tempo e, ovviamente, i cittadini che dovranno esprimersi. Il punto vero è che bisogna accettare la discussione e valutare la possibilità, senza pensare che tutto sia intoccabile in eterno. La storia resta scolpita e maestra, quello è vero, ma proprio lei ci insegna che i sogni decollano se trovano le giuste ali».

Perché lei, da primo cittadino, non aveva esplorato questa opportunità?

«Questo non è vero. Quand’ero sindaco, l’Europa individuò nell’asse del Sempione, da Gallarate a Legnano con al centro Busto, un’area strategica e competitiva che già nei fatti esprimeva un’univoca identità sociale, economica e urbanistica. Noi, dopo un serrato confronto, chiedemmo di essere promossi ad area metropolitana. Beh, se allora si fosse fatta, oggi l’ospedale nuovo e d’eccellenza ci sarebbe già, senza bloccarsi fra miopie e interessi di campanile. In questo momento, dunque, quello stesso sentimento ritorna in gioco. Lo fa grazie a Marco Reguzzoni, che ha scelto la strada più difficile da percorrere, quella cioè della politica. Ma è anche l’unica che può portare lontano».

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