Il ricatto cinese è fatto di grafite: indispensabile per microchip e batterie, il Dragone fa pesare il suo monopolio

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Il governo europeo non riesce quasi mai a mettere un freno alla concorrenza sleale, anti-ecologica e pericolosa che proviene soprattutto dalla Cina, mentre il Dragone ha tantissimo da insegnare per quanto riguarda la capacità di controllare il mercato e di agire con strategia per difendere i propri interessi.

Lo dimostra il caso legato alla grafite, sia naturale che sintetica, così importante per batterie, microchip e impianti per le rinnovabili. Ebbene, dal prossimo mese di dicembre, l’essenziale esportazione di questo materiale sarà contingentata, grazie all’inserimento dell’obbligo di ottenere permessi specifici per procedere alla vendita extra-Cina di questo materiale così prezioso per moltissime attività legate alla transizione ecologica.

Il controllo delle esportazioni – venduto come un’attenta gestione di un asset strategico – suona come una sorta di avvertimento al mondo occidentale e in particolare all’Unione Europea. La quale, se da un lato lavora alla realizzazione di dazi sui veicoli elettrici costruiti in Oriente (sostenendo che le sovvenzioni statali li rendono troppo economici e quindi distorsivi del mercato delle auto), dall’altro deve anche ricordarsi che moltissime componenti sono realizzabili e funzionano perché dalla Cina arrivano le materie prime per costruirle. Come la grafite, appunto, senza la quale si bloccherebbe un’intera filiera produttiva e che per due terzi del proprio quantitativo mondiale arriva appunto da Pechino, senza dimenticare che sempre il Dragone ne raffina il 90% del totale.

Come sempre il governo europeo non sta gestendo la situazione, né è stato in grado di muoversi per tempo nello stimolare la ricerca su altri materiali, in modo da sottrarsi alla dipendenza della Cina. Così il Dragone fa valere il monopolio sulla grafite come arma di ricatto.

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