Internet e la democrazia in pericolo: il pensiero di Byung-Chul Han

Foto Pixabay

Che fine ha fatto la folla? Per intenderci: dov’è andata, con la sua bandiera del collettivo, la libertà che guida il popolo del celebre dipinto di Delacroix? È forse inciampata su quelle barricate? Dove è finita la sua potenza eversiva, il suo furore capace di catalizzare eventi storici?

Ebbene, quel corpo, che in passato ha ottenuto molte conquiste, si è oggi trasformato in un organismo che potremmo definire – in termini di volontà schopenhaueriana – acefalo. La cultura della condivisione di fatto si manifesta nella commercializzazione radicale della nostra vita. Internet non unisce, divide; genera nient’altro che narcisismo digitale. Anziché allargare i nostri orizzonti, la sua estrema personalizzazione finisce col restringerli. E soprattutto, fa a pezzi le fondamenta della democrazia rappresentativa.

A pensarla in questi termini c’è il filosofo sudcoreano Byung-Chul Han, noto per i suoi saggi e le sue lezioni sull’uomo nell’era digitale. Han si domanda se sia possibile una democrazia rispetto a una sfera pubblica che scompare di fronte a una crescente egoismo e narcisismo. Ma le conclusioni a cui giunge sono negative. «Forse» dice nel suo Nello sciame, «una democrazia con il tasto mi piace?».

Con questo carrozzone digitale, fatto da un insieme di individui sempre connessi ma allo stesso tempo isolati, la democrazia greca – intesa come partecipazione alla Polis – non può che perdersi nel nulla, o nel peggiore dei casi trasformarsi in quella che Massimiliano Parente ha battezzato Scemocrazia. Allo “sciame” manca l’anima della vecchia folla, perché se prima si marciava in un’unica direzione, oggi non ci si raduna più fisicamente e non si sviluppa un’unica voce.

Gli smartphone ci condannano a un continuo stato di eccitazione, annullando la nostra razionalità. I nostri nonni, se volevano contestare qualcuno, dovevano procurarsi carta e francobollo, scrivere una lettera, imbustarla e aspettare. Un lungo processo che annullava l’emotività del momento. Oggi, invece, basta un clic per indignarsi e scatenare bufere nei commenti di qualche pagina Instagram o su Twitter.

Han scrive anche che il web e i social producono un gigantesco frastuono di sottofondo, facendoci perdere la capacità di ascoltare. Non siamo più proiettati verso l’Altro. Come può resistere la democrazia in questo infinito clic?

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