Nel j’accuse dell’ex direttore generale della sanità regionale Carlo Lucchina sullo stato di salute del settore in Lombardia, una parte rilevante della riflessione ha riguardato i crescenti tempi di attesa imposti agli utenti.
Un problema che le strutture ospedaliere, le Regioni e il Ministero della Salute dovrebbero affrontare in maniera organica e complessiva, cogliendo le differenze (a partire dal diverso carico di lavoro) fra i territori per offrire disposte puntuali e specifiche.
«Ma se non si hanno dati precisi, non si può curare la malattia», ha detto costernato il ministro Orazio Schillaci, in un recente forum del Corriere della Sera. L’esponente del governo ha espresso il proprio disappunto perché le recenti analisi sulle liste d’attesa condotte da Agenas – l’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali – hanno evidenziato la difficoltà nel reperire numeri così fondamentali.
Un atteggiamento di distacco da parte di molte Regioni che è anche sintomo di un’ormai evidente sfiducia nel riferirsi a una gestione centralizzata della sanità. Tant’è che la stessa Lombardia non ha partecipato a questa campagna di rilevamento.
Quello condotto da Agenas è stato un monitoraggio sperimentale realizzato con Fondazione The Bridge per comprendere i tempi di risposta alle richieste dei cittadini. Il risultato a livello di partecipazione è stato dunque disarmante: solo 13 delle 21 Regioni invitate hanno aderito e, tra queste, soltanto 6 (Emilia, Toscana, Friuli, Marche, Piemonte e Toscana) hanno spedito i dati del loro Cup. Le altre 7 hanno fatto avere dati parziali e incompleti, impedendo un approfondimento puntuale. La Lombardia, invece, non è pervenuta
Da qui il commento desolato del ministro alla presentazione del report: «Non c’è nessun sistema reale efficace di monitoraggio delle liste d’attesa», ha detto in un intervento ripreso da Quotidianosanita.it. «Quando leggiamo che una cittadina è arrabbiata perché ha chiamato un determinato ospedale e le hanno detto che per fare la mammografia deve aspettare 720 giorni, questa è una cosa inaccettabile, però è una rilevazione aneddotica. In realtà noi dobbiamo avere dei dati. Dal report emerge come 9 Regioni non hanno mandato i dati. Se noi non abbiamo una reale rappresentazione almeno regionale, diventa più difficile intervenire».
Statistiche a parte, ciò che Lucchina ha invece messo in evidenza è che oggi la sanità necessità di uno sforzo concreto che aggredisca il problema del poco personale, di medici e infermieri in fuga verso la Svizzera (una questione lombarda), dell’eccesso di medicina difensiva e, in generale, di risorse da potenziare. Dando a ogni Regione ciò che merita, secondo una ricetta federalista indispensabile per evitare il collasso.