La lezione del Canton Ticino sulla fusione fra città: in vent’anni Comuni ridotti da 245 a 100. Sempre dopo referendum

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Poco più del 73% degli elettori ha dato parere favorevole. Significa che Astano, Bedigliora, Curio, Miglieglia e Navaggio – vale a dire cinque Comuni ticinesi al confine con l’Alto Varesotto – hanno la strada spianata per riunirsi in un unico municipio, denominato Lema, che conterà 2600 abitanti. Lo dovrà decretare il Gran Consiglio, ma il referendum consultivo ha dato un’indicazione precisa.

Sempre in questo week end, progetti simili sono stati approvati dai cittadini di Quinto e Prato e da quelli di Bodio e Giornico. Avanti anche in questo caso con le aggregazioni in Canton Ticino. D’altronde il concetto di fusione, in Svizzera, è ben accetto e praticato, offrendo una lezione a cui anche l’Italia potrebbe ispirarsi. Da noi, invece, è molto più raro che ci sia qualcuno disposto a rinunciare alla propria indipendenza, anche quando va contro ogni logica in termini di opportunità ed economie di scala.

Certo, rispetto alla proposta di Marco Reguzzoni, presidente dell’Associazione I Repubblicani che ha chiesto di avviare l’iter di unificazione fra Busto Arsizio e Gallarate, nei casi affrontati in Svizzera si tratta di realtà abbastanza piccole, che hanno deciso di rinunciare all’autonomia amministrativa in nome dell’efficienza.

Ma, proprio per questo, l’idea di mettere assieme due città con 140mila abitanti complessivi è una sfida che merita di essere esplorata (come hanno chiesto personaggi del calibro di Fabio Lunghi e Gigi Farioli) con ancor più attenzione e con la giusta visione: non significa infatti limitarsi di scegliere se risparmiare risorse, ma vuol dire pensare in grande, dal punto di vista economico e strategico.

Le tre fusioni votate in terra elvetica dimostrano una serie di cose: 1) Unirsi non è impossibile e chi gestisce la cosa pubblica, invece di decidere che non si può fare per difendere lo status quo, dovrebbe fare in modo di favorire il confronto in modo che siano poi gli abitanti ad esprimersi consapevolmente, tramite referendum; 2) Il campanilismo è un limite e non c’entra nulla con la difesa delle tradizioni, che restano patrimonio di città, quartieri e frazioni a prescindere dall’estensione dei confini; 3) Gli elvetici, storicamente pragmatici e votati all’efficienza, sono propensi a sfruttare le opportunità, senza paura di attuare cambiamenti. Tant’è che, se nel 2000 in Ticino c’erano 245 Comuni, una volta che il Gran Consiglio avrà approvato i tre progetti votati ieri, ne resteranno solo 100. Più grandi, meglio organizzati e con maggiori prospettive di sviluppo.

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