La lotta agli sprechi ha svuotato i Comuni (anche quelli virtuosi) ma non gli apparati inutili

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Ridare forza ai Comuni significa promuovere la loro dimensione come entità naturale di aggregazione delle persone, indispensabile per offrire servizi, risposte ed efficienza. Ma ridare forza ai Comuni, vuol dire anche dotarli della giusta forza lavoro, l’unica in grado di garantire ai cittadini le soluzioni che cercano. Invece, se in apparati statali di poco impatto e dubbia utilità si è continuato ad assumere fino a raggiungere veri record di impiegati, all’interno degli enti locali – anche quelli virtuosi – il giro di vite è stato forte e si fa ora sentire.

Un recente approfondimento dell’Osservatorio sui conti pubblici dell’Università Cattolica ha infatti messo in evidenza come, dal 2010 in poi, le scelte siano state orientate a depotenziare i municipi. In pratica, in un decennio il numero dei dipendenti comunali è sceso di oltre 90mila unità e la loro incidenza sul totale degli addetti della pubblica amministrazione è calata inesorabilmente dal 12,5% a poco meno del 10%. Stessa riflessione arriva dall’ultima rilevazione IFEL: in quindici anni, giù di un terzo il numero di assunti municipali, specie dal blocco del turn over in poi.

Anche sul fronte della spesa pubblica, la responsabilità comunale è andata gradualmente scemando. In questo caso, vent’anni fa i sindaci e le loro giunte avevano in mano più del 50% degli investimenti pubblici, mentre prima del Covid questo compito era diminuito, di oltre il 15%. Ora che ci sono i soldi del Pnrr da gestire, gli organici ridotti creano intoppi, costringendo a ricorrere a collaboratori esterni. Non solo: il 46% dei dipendenti pubblici ha più di 55 anni.

La spiegazione di questi numeri è complessa, ma si può provare a trovare un filo conduttore. Certamente i vari governi hanno introdotto nel tempo norme che sono andate nella direzione di un controllo della spesa pubblica anche nei Comuni, cercando di evitare sprechi sul personale. Tuttavia, scavando a fondo nell’analisi, si comprende come ancora una volta sia stata storicamente la diversità fra regioni nella gestione delle risorse ad aver indotto a mettere regole che hanno limitato qualche spreco ma hanno anche messo la museruola a chi, con comportamenti virtuosi, avrebbe potuto investire sul personale e non ha potuto farlo. Così ora serve tornare a potenziare gli enti locali, dando loro più responsabilità, addetti e soldi, rispondendo all’esigenza di un vero ed efficace federalismo.

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