Anthony Hopkins e i deliri politicamente corretti di una sinistra ipocrita

«Lo dico: il politicamente corretto sta prendendo una piega preoccupante. Oggi se dici qualcosa sei cancellato. Le persone vivono nella paura, e questo mi ricorda la Germania nazista e l’Unione Sovietica di Stalin. Ormai vige una dittatura».

Sono parole di Anthony Hopkins, tratte da un’intervista che l’attore ha rilasciato per Repubblica. La sua stoccata è stata ripresa di recente dal Giornale, nella disamina di Marco Leardi in cui si legge che: «Finalmente c’è un attore che non dice solo banalità».

Banalità, ecco. Perché di questo si tratta solitamente. C’è forse una parola più calzante per riferirsi alle migliaia di affermazioni fatte con lo stampino che le persone dello show business sono costrette a propinarci in interviste tristi, già sentite e superficiali?

Gli uomini bianchi sono brutti e cattivi, la colpa è del patriarcato che annebbia le coscienze e non ci si può permettere di dire “not all men“. (Però in Italia, dove fioccano i reati compiuti dagli stranieri, gli attivisti sono i primi a dire “non tutti gli stranieri”. Sarà che questi oppressi provengono da culture affascinanti, progressiste e con un’altissima considerazione della donna e del suo ruolo nella società?)

Per i “nuovi puritani”, così li definisce Federico Rampini nel suo Suicidio occidentale, la conservazione di qualsiasi identità è violenza, imposizione. Il loro sogno è quello di vivere nel mondo cantato da John Lennon in Imagine: nessuna religione, nessun paese, nessuna cultura. E questo non è detto che sia un male. Ma guai ad ammetterlo: infatti, nonostante i giovani virtuosi del pensiero ambiscano a questo mondo tutto uguale, quello che fanno in continuazione è professarsi amanti delle differenze.

Studiano l’antropologia, ascoltano sempre il prossimo con grande interesse e sguardi affascinati, si commuovono. Sono profondi ed empatici (nuova parola inflazionata). Insomma, vogliono A ma è più carino comportarsi B.

Per tornare a Hopkins, e qui chiudiamo, è evidente: questa nuova cultura woke si trova a suo agio nella censura. Non la disprezza. Il mantra è: «Nessuna tolleranza per gli intolleranti. E gli intolleranti sono quelli che diciamo noi».

Odiare chi odia, ecco la panacea. Ma guai a dire che ci sono culture meno libere di altre. Guai a condannare tutte le religioni, da sempre la radix omnium malorum. Guai a dire cose scomode e vere.
Hai capito, caro Anthony? Quello che vedi è Il silenzio dei deficienti.

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