Dimenticatevi di San Valentino. Sul serio, lasciate perdere. Sarà come ricevere una sberla ben assestata, ma se vi ostinate a portare fiori e cioccolatini di dubbio gusto alle ragazze, oppure se siete voi quelle ragazze che credono nell’arrivo del principe azzurro, beh dovreste guardarvi intorno e chiedervi se siete nell’anno giusto.
Sì perché, nel caso non fosse già evidente, la discesa di Cupido non è più il centro di gravità permanente del febbraio italiano; lo è stato magari nell’età berlusconiana, dell’isola dei famosi e delle suonerie della bella topolona, degli anni novanta e della musica dance. Bei tempi, per carità, ma adesso tira un altro vento. Anzi, un’altra musica. Oggi, per gli italiani di tutte le età, febbraio vuole dire solo una cosa: Festival di Sanremo. E chi l’avrebbe mai detto? I ragazzi, in particolare, sono passati in un solo quinquennio dallo snobbare la kermesse a segnarne sul calendario la data di inizio.
Con ordine però. Innanzitutto, a rilanciare un Festival dei fiori ormai relegato al ruolo di intrattenimento per anziani, c’è stata la mano di Amadeus, a cui dal 2020 è affidata la direzione artistica. Il conduttore di Ravenna, che non ha le fette di salame sugli occhi, ha capito qual è l’ingrediente per fare esplodere lo share: i ragazzi, quella generazione che da anni, con buona pace dei boomer e degli espertoni, si è presa in spalla l’universo discografico italiano. Che piacciano o no, i cantanti indie e i rapper sono ormai i padroni assoluti delle nostre classifiche di ascolti, e hanno un’età compresa tra i sedici e i trentacinque anni. E anche quando sono più vecchi, cantano comunque per un pubblico di ragazzi.
Questi dati anagrafici sono per Sanremo una nuova genesi, considerando l’età media dei partecipanti fino a pochi anni fa. Guardando i vincitori, si passa da Vecchioni (non è un gioco di parole) ed Emma Marrone ai Maneskin, a Blanco, a Mahmood; gente giovane non solo sulla carta d’identità, ma soprattutto nel linguaggio, nell’attitudine, nelle nevrosi. Artisti diversissimi da Il Volo e Valerio Scanu che – seppur giovani al momento della loro partecipazione – hanno un target vecchio.
Così, con molta furbizia nel cavalcare il gossip e i social, Amadeus ha consegnato Sanremo ai ragazzi.
Fenomenologia di Pupo a Sanremo 2024
Fatto questo necessario quadro storico, risulta più facile riflettere sulla recente polemica sollevata da Enzo Ghinazzi (il buon Pupo). Il cantante e autore era pronto, con la sua “Tricolore” scritta insieme a Lorenzo Cilembrini, all’imminente Festival del 2024, ma il suo nome è stato clamorosamente cancellato dalla lista dei partecipanti.
«Sono rimasto stupito, non vorrei che Amadeus non avesse scelto la canzone perché parla di tematiche non politicamente corrette» ha detto, in un commento ripreso anche dal Giornale, «spero che l’abbia esclusa solo perché non gli piaceva. E non perché riteneva che questo genere di brano dedicato alle dipendenze non potesse essere inserito nel suo ultimo festival».
La paura di Pupo, che ha annusato l’aria degli ultimi Sanremo, è quella di essere stato censurato perché non in linea coi dettami politicamente corretti. Una dichiarazione che una certa cultura di destra coglierebbe al volo per scrivere articoletti sulla sinistra woke. È un’ipotesi a cui è difficile credere. La canzone di Pupo, infatti, non è così scorretta come lui si è autoconvinto; sì, viene detto “cisgender” per fare il verso ai nuovi puritani, ma le stoccate più decise sono quelle sulla droga degli yuppie di destra, sulle abitudini degli italiani medi e soprattutto sulle catarsi dei baciapile. Una satira decisamente di sinistra.
«Io sono un italiano che parla ad alta voce, mi basta una chitarra e il segno della croce» canta Ghinazzi. Una presa in giro, non è difficile intuirlo, ai perbenisti cattolici che sono in segreto pieni di vizi.
Ora, se vogliamo continuare questa partita di Cluedo per scoprire l’arma del delitto, un suggerimento sorge spontaneo. Amadeus, che è amico dei ragazzi e non disprezza le polemiche, ha comunque un tallone d’Achille, un argomento intoccabile. Tante volte si è dichiarato cristiano e amante delle preghiere in solitaria. Il più classico dei non praticanti, quindi; quelli che non vanno a messa ma fanno i bravi e la vivono “a modo loro”.
Perciò, caro Pupo, se vuoi tornare a cantare in riviera, il suggerimento è di volare basso: una canzone che prenda in giro l’Italia ma non troppo (e qui ci siamo), piena d’amore (hai due compagne, il sentimento non ti manca) e soprattutto un bel vestito.
Per aggiornarti: in questo momento l’apparire conta più dell’essere. E se non conta più dell’essere, beh, di certo conta più della musica.