L’Unione Europea pare essersi finalmente accorta del pericolo cinese e che, di conseguenza, si prepari ad adottare l’unica contromisura giusta e possibile per iniziare a frenare un’invasione sleale e spietata: vale a dire i dazi.
Queste imposte saranno applicate, nello specifico, alle tanto discusse auto elettriche che il Dragone sta immettendo a ritmo continuo sui mercati continentali, conquistando sempre più spazio e mettendo in ginocchio le aziende europee del settore.
Tecnicamente una tassazione aggiuntiva in dogana ai mezzi importati dall’Asia (che rappresentano ormai quasi un quarto del totale) non è stata ancora disposta. Ma, se da un lato si vocifera che il giro di vite – invocato anche da Elon Musk – entrerà ufficialmente in vigore a luglio, dall’altro è ormai da quasi una settimana che l’UE ha imposto una registrazione puntuale dei veicoli elettrici che arrivano in dogana.
Si tratta di una mossa che, una volta terminata l’istruttoria voluta per determinare se il governo cinese sostenga davvero il suo settore auto in maniera sproporzionata e dunque scorretta (consentendo alle sue aziende di presentarsi al pubblico straniero a prezzi stracciati), permetterà di dare ai dazi stessi un’applicazione retroattiva, proprio grazie alla catalogazione puntuale dei transiti avviata già adesso.
D’altronde ciò che si sta approfondendo è qualcosa di ovvio ed evidente. Se la casa asiatica Byd ha superato per la prima volta Tesla nel numero di modelli venduti in un trimestre, ciò dipende anche dall’aiuto governativo per avere listini imbattibili, con incentivi fuori da ogni logica. Inoltre, i mezzi elettrici cinesi stanno andando alla conquista anche dei segmenti più alti del mercato, dopo aver ottenuto il predominio sul fronte delle utilitarie.
La registrazione doganale è stata attivata il 7 marzo per due motivi specifici: il primo è che gli elementi raccolti nel corso dell’indagine voluta dalla Commissione Europea paiono evidenziare in modo incontrovertibile le scorrettezze in atto: il secondo è che il volume di esportazioni dalla Cina è cresciuto in maniera vertiginosa dopo l’avvio del lavoro degli ispettori (+14% in un quadrimestre), come se si volessero affrettare i tempi dell’ingresso in Europa, prima appunto dell’introduzione dei dazi.
Ovviamente queste misure arrivano in ritardo, dopo che il Dragone ha conquistato fette di mercato non solo tramite i sussidi, ma anche con lo sfruttamento dei suoi lavoratori, le quasi nulle spese per la tutela ambientale (che invece gravano sui bilanci delle nostre industrie) e il monopolio sulle materie prime.
L’Europa, oltre a imporre tasse d’ingresso, dovrà anche reimpostare il proprio modello interno per risollevarsi, togliendosi dalla dipendenza nei rifornimenti proprio dall’Asia. «La produzione dell’elettrico deve restare in Europa», ha spiegato nel recente congresso di Bucarest il presidente del PPE. Manfred Weber, interpretando il nuovo corso impostato all’interno del principale partito continentale. Così, oltre a questo primo e inevitabile segnale di contrasto, si attendono a breve altri passi concreti.