Nicola Mucci: «L’area moderata sta evolvendo, rimettendo al centro la meritocrazia. Lì sento soffiare il vento di cambiamento»

Già sindaco di Gallarate e ora commissario cittadino di Forza Italia, Nicola Mucci ha aderito sin da subito al progetto politico dei Repubblicani. Martedì 19 marzo, al Tennis club di Gallarate, dalle ore 21, sarà proprio lui uno di coloro che dialogheranno con Marco Reguzzoni nell’incontro pubblico organizzato dall’associazione che presiede per parlare del suo libro “Vento di cambiamento”.

Mucci, lei lo sente soffiare questo vento di cambiamento?

«Da qualche tempo ho cominciato a sentirlo, ma in quel volume Reguzzoni ambisce giustamente a molto di più. La sua è un’analisi pragmatica sull’Unione Europea e su quello che le serve per concretizzare le proprie prospettive in ogni singola realtà regionale e comunale».

Che giudizio ha rispetto ai pensieri che ha letto in quelle pagine?

«Per cominciare, dico che li condivido. Inoltre, mi piace che siano scritti in maniera pragmatica da un uomo che è concreto in ogni suo aspetto. Da quegli scritti emerge in maniera non ipocrita una visione politica stimolante, che fa del territorio, dello sviluppo e dell’impresa gli asset su cui costruire il nostro futuro. Sono d’altronde le considerazioni di un uomo di questa terra, profondamente legata al fare più che al discutere o al nascondersi».

Come mai lei ha aderito all’Associazione I Repubblicani?

«Questa iniziativa contiene uno spunto politico molto importante, legato alla necessità di fare in modo che persone con esperienze politiche e culturali diverse fra loro trovino un luogo comune di riflessione. Si tratta di uno spazio che bisogna ricostruire e per questo mi sono messo a disposizione».

Ma in passato questo laboratorio politico esisteva già?

«Nella storia del centrodestra italiana c’è stata una fase in cui si è lavorato in quella direzione. Silvio Berlusconi ebbe una la stessa visione, fondendo una matrice cattolico-democratica, di carattere riformista e liberale, addirittura con una parte radicale e con la tradizione federalista. Però a un certo punto questo percorso è andato in pausa e i partiti si sono mossi per conto loro. Le difficoltà personali di Berlusconi e Bossi, così come la vicenda legata a Gianfranco Fini che scosse l’alleanza, portarono all’interruzione di un dialogo profondo, lasciando spazio soltanto alle alleanze elettorali».

Ma esiste davvero la voglia e la necessità di rifare questo percorso?

«Assolutamente sì. Oltretutto i Repubblicani coltivano idee che sono certamente politiche e culturali, ma che si declinano in maniera amministrativa con estrema concretezza. Intendo dire che non è filosofia, ma è un modo di pensare e proporre che poi può trovare applicazione pratica. E noi tutti i giorni vediamo l’esigenza di affrontare i bisogni dei cittadini con un modo di pensare e di agire che sia più complessivo e strategico, unendo valori forti e scelte intelligenti».

In quale maniera il progetto dei Repubblicani potrebbe attecchire?

«Secondo me certe idee possono essere primariamente uno spunto rilevante nello scenario politico del Nord Italia, dove c’è un’esigenza più forte di creare qualcosa che somigli all’unione CDU/CSU bavarese, sprigionando la grande tradizione cattolico-liberale ma con una forte spinta federale. Per questo bisogna tornare a insistere su temi come l’autonomia e la sburocratizzazione della macchina amministrativa, nella certezza che rapidamente il sentimento troverebbe consenso in tutta Italia. La mia speranza è che i Repubblicani riescano a sbloccare il dibattito su questi temi, portando i partiti su quella strada».

L’esito delle ultime votazioni regionali che indicazioni ha dato in questo senso?

«Il voto in Sardegna e Abruzzo, a prescindere da dinamiche territoriali che hanno portato alla vittoria di una parte o dell’altra, ha offerto indici significativi per testare cosa succede nell’area moderata. Abbiamo così avuto un consolidamento di Fratelli d’Italia ma anche un riscontro che definirei evolutivo dell’area più centrale dello schieramento. Non è un discorso di parte, ma è chiara l’attenzione sempre maggiore dei cittadini nei confronti della Forza Italia post Berlusconi. L’elettorato ha capito che c’è un progetto che sta proseguendo oltre il Cavaliere e che sta prendendo una nuova forma».

Da che cosa si coglie questa tendenza?

«Forza Italia fa i congressi, rimettendo al centro al centro la gestione democratica e meritocratica di quest’area politica. Sono cose quasi banali a dirle ma che mancavano da tempo, tant’è che stimolano chi si era allontanato a rientrare, ma richiamano anche chi non votava più e chi aveva cercato altri partiti di ispirazione moderata in cui collocarsi. Oggi si rende così obbligatoria una riflessione sulla necessità di costruire un partito forte che occupi il centro, così come c’è in Germania. In questo senso, Marco Reguzzoni e i suoi Repubblicani possono dare un aiuto enorme ad alzare il livello del progetto».

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