Non è stato uno qualunque, Modesto Verderio, nella storia della Lega. Militante della prima ora, non solo bossiano integralista impegnato in vari ruoli istituzionali locali, ma primo autista di Umberto Bossi. Il classico lumbard innamorato della sua terra e del dialetto, viscerale e diretto. Alfiere, insomma, di una Lega che non esiste più da tempo.
Fa strano vederlo sul palco di una convention di Forza Italia. Ma a Ville Ponti di Varese arriva e prende parola per sostenere l’amico Marco Reguzzoni, candidato alle Europee proprio nelle liste berlusconiane. Verderio ricorda in premessa da dove arriva: «Sono bossiano di ferro, un vero leghista, ma della Lega originale non della roba di Matteo Salvini»
E allora, perché schierarsi apertamente accanto a Reguzzoni? «Indipendentemente dal partito – spiega – per me contano gli uomini, quello che dicono e quello che fanno. Se sei un barlafus, resti un barlafus da qualunque parte e Marco non lo è mai stato».
A dare forza a questa sua convinzione ci sono gli anni trascorsi assieme in Provincia di Varese: «Abbiamo fatto tantissime cose, con una concretezza incredibile. Posso citare tantissime infrastrutture stradali, realizzate in punti che erano caratterizzati ogni anno da incidenti mortali: in pratica abbiamo salvato vite. L’elenco è lunghissimo, dalle scuole alle dighe. Marco ha fatto tanto per il territorio anche in parlamento. Per Reguzzoni parla poi il museo Volandia, che all’inizio era semplicemente un pezzo di carta e che sarebbe rimasto tale se non ci fosse stato lui a dargli sostanza, fino a farlo diventare il gioiello che è oggi».
Ovviamente il tema del federalismo, rimesso in primo piano dai Repubblicani e innestato nella cornice forzista, è l’ultimo e fondamentale tassello che ha convinto uno come Verderio, almeno per una sera, a sedere in mezzo allo stato maggiore di Forza Italia.