Tra Marco Reguzzoni, presidente dei Repubblicani, e Roberto Vannacci c’erano state scintille finite anche sul Corriere della Sera. Oggi entrambi sono candidati come indipendenti alle prossime elezioni Europee: Reguzzoni nelle liste di Forza Italia, Vannacci in quelle della Lega.
Reguzzoni, la sorprende il clamore di questi giorni attorno a Vannacci?
«È sconfortante che gli si continui a regalare questa vetrina mediatica. Penso che la sua sia una visione della società ampiamente superata, caratterizzata da un pensiero retrogrado, in cui la donna è custode del focolare e i giovani sono da crescere come fossero in caserma. In più fa dichiarazioni che mettono i brividi, come sui disabili».
Ha anche detto che Mussolini fu uno statista. È in disaccordo anche su questo?
«Essere statista significa fare il bene del proprio Stato. Il Duce invece ha portato l’Italia dentro un conflitto fallimentare, da cui è uscita in ginocchio. Prima di Mussolini, l’Italia era considerata una grande potenza, sedeva come membro di diritto nella Lega delle Nazioni. Dove starebbe la sua grandezza? Lo dico da amante della storia, senza preconcetti di parte: io con Volandia sono stato ad esempio l’unico a volere una mostra dedicata all’Italo Balbo aviatore. Questo per dire della mia aperura di pensiero, ma storicamente Mussolini ha fallito e gettato l’Italia nel baratro, altro che statista…».
La candidatura di Vannacci è adesso un problema politico?
«Più che altro è una scelta di campo. Il punto è che Roberto Vannacci è un personaggio politicamente inconsistente la cui notorietà è destinata a sgonfiarsi subito dopo le elezioni. Però in questo momento fa comodo illudersi che possa portare voti da un elettorato superficiale, che si affida a un uomo che si atteggia a “forte” ma che non dà alcuna indicazione su come affrontare i problemi della nostra epoca».
Lei ha letto “Il mondo al contrario”?
«Certamente, perché non parlo se non so. In tanti parlano senza averlo letto, altrimenti il caso si sgonfierebbe: le parole di Vannacci invitano a un costante balzo all’indietro, senza indicazioni di soluzioni ai problemi. Molti luoghi comuni, nessuna proposta. Avrebbe dovuto intitolarlo “Torniamo indietro” – o, se preferite, “Il mondo all’indietro” – verso una società patriarcale con la donna e i figli sottomessi al padre-padrone. Io ho un pensiero opposto al suo sulla direzione che dovrebbero prendere la nostra società e l’Europa intera, e soprattutto i nostri giovani».
All’uscita di “Vento di cambiamento”, il libro che lei ha pubblicato per spiegare la sua visione del futuro, disse di aver voluto – fra le altre cose – rispondere a Vannacci. Come mai?
«In realtà la mia non era una risposta a Vannacci, al quale non avrei dato tutta questa importanza, ma un tentativo di alzare il livello della riflessione e di spiegare che il centrodestra non poteva lasciare che il generale monopolizzasse le uscite e che la sua posizione venisse identificata come quella di uno schieramento molto più complesso e ben diverso da lui. In “Vento di cambiamento” faccio un’analisi e avanzo delle proposte che, certamente soggettive, partono dall’assunto per cui la risposta ai problemi della nostra società non è tornare indietro, chiuderci. Non solo è sbagliato, ma è impossibile».
Adesso altri stanno contestando la candidatura di Vannacci…
«Ho sempre detto apertamente che non potevamo lasciare che la sua fosse l’unica voce con posizioni inaccettabili in particolare sull’Europa, che pur da migliorare e cambiare radicalmente, è un valore che ha garantito 70 anni di Pace. E anche la posizione sull’Europa della Lega è sbagliata. Lo dissi di persona anche a Matteo Salvini, che conosco da una vita, che stimo e che resta uno dei leader della coalizione di governo. Lui, legittimamente, ha fatto la scelta opposta e tiene la Lega all’opposizione in Europa, una scelta ideologica e poco pratica che ovviamente non condivido».
Adesso anche Salvini si è messo a scrivere un libro…
«So che uscirà in queste ore e spero contenga riflessioni interessanti. Ho letto che lo presenterà ufficialmente proprio con il generale al suo fianco e penso non sia affatto un caso che Salvini e Vannacci abbiano scelto un titolo simile: “Controvento”, dopo “Il mondo al contrario”. Insomma, sembra che apprezzino stare “contro”. D’altronde è lo stile che la Lega ha scelto per i suoi europarlamentari nell’ultimo quinquennio, tenendoli a fare opposizione, raccogliendo spesso un giusto malcontento ma senza poter realizzare soluzioni alternative e risultati pratici. Anche queste sono scelte legittime, ma inconcludenti».
Per Marco Reguzzoni quale dev’essere allora lo stile da tenere in Europa?
«Occorre agire all’interno della maggioranza del PPE per orientare le decisioni verso ciò che si aspettano lavoratori, imprenditori e pensionati. Costoro delle proteste, per quanto sacrosante, non se ne fanno nulla. Mi chiedo quale contributo possa dare un Vannacci su certe discussioni, quando servono pragmatismo e visione, non comportamenti da caserma».
Cosa rispondere a chi la taccia di incoerenza perché oggi si candida sotto le insegne di Forza Italia – seppur da indipendente – dopo essere stato un personaggio di spicco della Lega?
«Sinceramente non mi tocca. È la Lega che – ripeto, legittimamente – ha cambiato linea politica. I miei valori di riferimento sono sempre gli stessi, ora come allora. Parlo di federalismo, di liberismo, della necessità di essere più vicini all’Europa e più lontani dal centralismo statalista, così come dell’attenzione per il mondo del lavoro e delle imprese. La Lega in cui militavo io – e di cui non ho la tessera da dodici anni – semplicemente non esiste più. Io voglio difendere in primis quel Nord produttivo che non ho mai tradito, portare avanti quei valori che oggi – all’interno del Partito Popolare Europeo e come indipendente in Forza Italia – possono trovare realizzazione concreta. D’altro canto, non sono solo io che penso che un Vannacci non c’entri nulla con i valori della Lega, basta vedere le dichiarazioni di alti dirigenti leghisti. Si tratta di una trasformazione che non voglio assolutamente giudicare, ma della quale bisogna prendere onestamente atto. È la Lega che è cambiata, non io».