Alessandro De Chirico, consigliere comunale di Forza Italia a Milano e responsabile nazionale delle aree metropolitane, con quale sentimento si avvicina alle imminenti elezioni Europee?
«Da milanese, innamorato pazzo della mia città, le guardo con la speranza e la fiducia nel poter cambiare le cose. Purtroppo, il capoluogo lombardo, nel suo dialogo con l’Europa, è riuscito negli ultimi anni a collezionare soltanto occasioni perse. Penso all’Ema, l’agenzia europea per i medicinali, che sarebbe stata una cosa eccezionale per un contesto territoriale farmaceutico di primo piano come il nostro e che invece non è arrivata (mentre ci siamo presi il contentino del Tribunale dei brevetti). È solo una delusione fra tante. Invece Milano può ambire ad avere un altro ruolo».
Lei che cosa si aspetterebbe dall’Europa?
«Fondamentalmente più attenzione nei confronti di una delle capitali continentali dell’industria e del Made in Italy. Siamo fra i distretti più importanti, non possiamo essere snobbati e non avere voce in capitolo quando si prendono le grandi decisioni strategiche».
Quale può essere il potenziale di Milano e della Lombardia?
«Obiettivamente è enorme, grazie a una ricchezza di proposte imprenditoriali, associative e culturali incredibile. Nei giorni scorsi, con il Salone del Mobile, si sono viste tutte queste potenzialità, ma sono emersi anche molti limiti. Io vorrei anche che si capisse che il salto di qualità non può ridursi esclusivamente agli eventi, ma deve tradursi nella capacità di attrarre situazioni importanti che prendano casa in questo territorio e creino indotto continuo. Oggi Milano ha un riconoscimento internazionale minore di quello che merita».
Di chi è la colpa?
«Di tutti quelli che hanno slegato un territorio così strategico dai tavoli decisionali. Spesso il sindaco Beppe Sala fa i paragoni con Parigi, Berlino e le altre grandi capitali, ma in realtà questa percezione di valore per Milano non c’è e il nostro peso politico è bassissimo. Insomma, me la prendo con chi fa tanti slogan e pochi fatti. Oggi Sala fa finta di fare la colpa al governo Meloni, ma era già così quando c’era un governo di centrosinistra».
Il sindaco, però, ha introdotto norme ispirate proprio ai principi europei…
«Sì, è vero, ma sono tutte eco-follie. Si è fatto precursore di scelte sul blocco dei veicoli che hanno la stessa matrice dell’ambientalismo di facciata che ha pervaso l’Europa. Il risultato sono norme che di principio hanno un senso, ma che nella pratica si traducono in un danno ai cittadini, specie alla fascia più debole che – magari con una macchina seminuova – fra poco si troverà a doverla tenere ferma. Il blocco dei diesel Euro 6, ad esempio, è una scelta assurda e classista, ancor più in un periodo storico in cui il ceto medio è in evidente difficoltà. Come hanno già fatto i Repubblicani, anche noi come gruppo consiliare daremo battaglia».
Fa strano che sia un esponente forzista a fare questi discorsi a una giunta di centrosinistra…
«Questo perché c’è il pregiudizio che siano loro a difendere le fasce deboli. Non è così. Anzi, proprio Sala sta inanellando decisioni che penalizzano le famiglie. Forza Italia, dal canto proprio, è attenta a tutti questi aspetti. Tant’è che, in accordo con Marco Reguzzoni, ho presentato in aula una mozione che prende ispirazione dalla recente petizione lanciata dall’Associazione “I Repubblicani”, per chiedere il rinvio del blocco degli Euro6 Diesel, previsto nell’autunno del 2025 e destinato a penalizzare molti cittadini».
Intanto, in vista delle elezioni, Forza Italia pare in grande rilancio. Lei che dice?
«Io sono parecchio fiducioso, c’è una bella sensazione nell’aria. D’altronde i cittadini riconoscono la leadership pragmatica di un uomo come Antonio Tajani, il quale è ancorato a valori seri e utilizza un metodo tanto semplice quanto efficace: capire il problema per trovare le soluzioni. È uno stile che viene apprezzato rispetto a chi grida alla luna o a chi fa promesse roboanti sapendo che le disattenderà».
Cosa significa questa tornata elettorale per la città di Milano?
«Si tratta di un banco di prova molto importante, l’ultimo prima delle Comunali, che non sono dietro l’angolo ma neppure così lontane. Come Forza Italia ci aspettiamo che si cristallizzi un risultato elettorale importante per poi aggredire la sfida amministrativa».
Ma non dovevate finire con la morte di Silvio Berlusconi?
«Ci avevano detto così e in molti ci hanno creduto. Ma la classe dirigente è stata resiliente, dando una risposta che in pochi si aspettavano, nonostante la mancanza di un trascinatore come il Cavaliere».
Per le Europee, il suo partito ha aperto anche a movimenti esterni, come ad esempio i Repubblicani di Marco Reguzzoni. Lei cosa ne pensa?
«Credo che sia giusto che Forza Italia abbia dato spazio alla candidatura da indipendente di chi, pur con trascorsi differenti, ha radici liberali e moderate e non si riconosce in altri partiti. È avvenuto con i Repubblicani e ha senso che sia accaduto con Noi Moderati. Queste operazioni hanno due funzioni importantissime: la prima è allargare lo schieramento con contributi valoriali affini ma anche reciprocamente arricchenti, la seconda è intercettare in maniera efficace tanti dei delusi che non vanno più a votare. Avere in squadra gente come Reguzzoni può significare possedere una marcia in più su questo fronte. E non solo…».
Cos’altro?
«Beh. Io è chiaro che lavoro affinché Forza Italia possa ottenere un grande consenso alle Europee. Però, da milanese, non posso che pensare anche alla mia città. Con Marco Reguzzoni ne abbiamo già ragionato: il progetto politico che parte adesso deve avere respiro e, fra i suoi obiettivi, c’è anche quello di riconquistare Milano».