Due ricordi di Luca Palmegiani, militante col sole in tasca

Capita così, nel mezzo di un pomeriggio qualunque, di voler aprire instagram per la quinta volta di fila con l’intento di spegnere il cervello e vedere cosa fanno gli amici. Oppure capita in modo diverso, con una telefonata mentre stai uscendo dal supermercato e sono le sei di sabato, combinazione di giorno e ora inusuale per riceverne. Può anche essere che lo scopri appena dopo che hai parlato con la persona in questione, dopo una cena in cui ti sembrava piena di vita e con addosso una certa voglia di spaccare il mondo. E allora ti chiedi: “Come ho fatto a non accorgermene?”

Io l’ho scoperto nel modo più infame: leggendo direttamente le sue ultime parole. Senza esserne pronto, senza arrivarci a mente fredda dopo aver intercettato la notizia.

Luca Palmegiani era la quintessenza del militante politico perfetto: il biglietto da visita sempre pronto nel portafoglio, la stretta di mano sicura e un sorriso per tutti. Chi lo conosceva sapeva benissimo che il “sole in tasca” di Silvio Berlusconi, suo mentore putativo, era per lui un comandamento professionale. E non solo; era colto come pochi alla sua età. Poteva affrontare qualsiasi conversazione con disinvoltura. In Forza Italia se n’erano accorti tutti, dalla sua Latina fino ai piani alti del grattacielo Pirelli di Milano, dov’era rispettato e stimato.

Poco fa ho parlato con Marco Reguzzoni. “Non ci sono parole per questa tragedia” ha detto. “Quando sono entrato in Forza Italia è stato tra i primi ad accogliermi e a darmi una mano. Una persona brillante.”

Di Luca Palmegiani ho due ricordi. Il primo è legato proprio al palazzo del Consiglio Regionale, dove l’ho conosciuto. Era una giornata di marzo del 2024 e mi trovavo lì per seguire uno dei primi eventi della campagna elettorale delle elezioni europee. Dovevo salire agli ultimi piani ma, inesperto e poco pratico del luogo, mi sono ritrovato a girare lungo i corridoi del piano terra come un’anima in pena in cerca dell’ascensore. Stavo quasi per rinunciare e cercare le scale quando un ragazzo più elegante di me mi è passato di fianco e ha capito che non avevo speranze. Era insieme a dei colleghi, tutti vestiti con gusto. “Devi salire?” mi ha chiesto. “Qui è un labirinto. Vieni con noi che è meglio.”

Un attimo dopo ero sull’ascensore del Pirellone per la prima volta, trattato con rispetto da persone che sapevano il fatto loro.

Il secondo ricordo è legato alla Statale, in particolare al Grecale’s, il bar di via Festa del Perdono che – chi mi conosce lo sa – è uno dei miei uffici prediletti per le interviste e le tirate al computer. Luca ci passava spesso con amici e militanti di SpL, Studenti per le Libertà. È lì che l’ho inserito davvero nei miei ricordi, fissando in me la sua camminata artistica e il suo tono di voce. Tra un caffè e qualche breve conversazione ci siamo scoperti di fede opposta. Lui accanito romanista, io interista e simpatizzante laziale. Ma nonostante ci fosse tra noi una certa distanza e il nostro rapporto non andasse al di là della semplice conoscenza, il suo savoir-faire e la sua intelligenza erano per me un fatto oggettivo.

Alla famiglia, a tutte le persone di Forza Italia e a chi gli era amico, vorrei far sentire la mia vicinanza.

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