Daniele Dalla Costa, membro del direttivo dei Repubblicani e allenatore, qual è lo stato di salute del calcio dilettantistico?
Subito una nota dolente. Vedo sempre più soldi e industria nel calcio di serie A, ma quello è un mondo a parte. Se devo fare il punto della situazione sul calcio di cui mi occupo io, infatti, non ci sono belle notizie; viene sempre meno l’interesse per lo sport e per ciò che davvero serve alle società e ai territori al fine di viverlo al massimo. È un calcio malato, diciamo anche abbandonato a sé stesso.
Un giudizio netto. “Malato”, poi, è una parola squillante. È davvero questa la situazione?
Ne sono certo perché lo vivo in prima persona e conosco molte società dilettantistiche del Nord. Occorre ripulire il calcio dalla sporcizia a tutti i livelli, partendo però dal nostro. Si spendono male i pochi soldi che ci sono, e anche quando ne arrivano tanti la burocrazia e le amministrazioni comunali sono costrette ad affossare dei progetti che sarebbero virtuosi. L’Alcione, per me la seconda squadra di Milano, milita in C ed è costretta a giocare fuori città dopo il “no” del Comune. Invece bisognerebbe premiare l’iniziativa dei privati e le società pulite. Sono loro la linfa vitale del pallone in Italia.
I Comuni stessi dovrebbero aiutare le società?
Anche questo sarebbe giusto. Ha funzionato nel caso di Sestri Levante: il Comune ha investito per sistemare lo stadio, risparmiando ai tifosi le partite casalinghe giocate addirittura a Vercelli. È così che si porta avanti un’idea sportiva federalista: con amministrazioni che valorizzano lo sport e gli impianti, e sanno dare spazio alle iniziative degli imprenditori.
I recenti insuccessi della nazionale sono figli di questo “calcio malato”?
Ne sono la conseguenza più evidente, ma non l’unica. Quella di adesso è una generazione calcistica con poco coraggio, trainata dai soldi e dalle raccomandazioni. Ma per parlare di questo ci vorrebbe un libro. Non escludo di poterlo scrivere, tra l’altro.
Hai le idee chiare. Se potessi fare approvare una sola proposta quale sarebbe?
Una sola non basta, ma avere un nuovo regolamento, con una politica più vicina ai vertici delle leghe, sarebbe un ottimo inizio. Mi spingo oltre e dico che la svolta potrebbe arrivare dalla legge Salva Milano; questa infatti svecchia l’edilizia anche per quanto riguarda le strutture sportive. Ce ne sono tante che aspettano una ristrutturazione da tempo. Il 2025, in questo senso, potrebbe riservare tante sorprese. Come al solito, e il calcio non fa eccezione, la buona politica fa la differenza. Per questo aderisco a I Repubblicani. Portano avanti idee federaliste e liberali, quelle in cui mi ritrovo e che secondo ma fanno bene allo sport che amo di più.