Anche Elon Musk si è accorto che la Cina sta per divorare tutti sul fronte dell’elettrico.
Il miliardario e patron di Tesla, di fronte ai dati preoccupanti della sua casa automobilistica (calo nelle vendite programmate per il 2023, sorpasso da parte dell’asiatica Byd nell’ultimo trimestre, rallentamento della crescita nell’anno in corso, titoli in discesa) ha usato toni perentori: «Se non saranno imposte barriere commerciali, i cinesi demoliranno la maggior parte delle case automobilistiche». A cominciare dalla sua.
Se anche Musk si trova costretto a uscire allo scoperto, vuol dire che la situazione è davvero grave. E solo l’Unione Europea continua a dormire sonni profondi, perdendosi in tavoli tecnici e approfondimenti sul tema che non portano a decisioni concrete per fermare un’invasione sleale e implacabile.
Il contesto in cui ci si muove è noto: il Dragone domina il mercato perché sfrutta la manodopera a basso costo, non spende per restare nei limiti delle norme ambientali richieste altrove, beneficia dei sussidi di Stato per abbassare i prezzi e gode del monopolio delle materie prime indispensabili per procedere nella diffusione dell’elettrico, tenendo gli altri sotto minaccia con le forniture.
Il resto del mondo, incaponendosi in una transizione verso l’elettrico dai dubbi effetti ma dall’elevato costo economico e sociale, si è legato a filo doppio proprio all’Asia. Risultato: intere filiere sono alle corde, sotto ricatto.
Tesla, che pure aveva creato un maxi-stabilimento a Shanghai, boccheggia. Gli sforzi per abbassare i prezzi al listino non sono serviti a nulla, se non a rovinare ulteriormente i bilanci e a innervosire gli azionisti, sino a far crollare il valore de titoli.
Intanto le macchine cinesi avanzano ovunque. Solo i dazi avrebbero effetti drastici. Nella consapevolezza che oggi gli asiatici impugnano il coltello dalla parte del manico. E metterli fuori dai nostri mercati comporterà conseguenze pesanti. Comunque vada, sarà un bagno di sangue.