Lasciata sola dall’Unione Europea a governare il fenomeno epocale dell’immigrazione, l’Italia si è trovata in questi mesi – ancora una volta – a fare i conti con gli sbarchi, le tragedie e una fatica enorme nella gestione di un flusso di migranti inarrestabile.
E c’è un problema nel problema ad aggravare la situazione, in maniera sempre più incidente: si tratta del caso dei minori non accompagnati, che devono essere presi in carico con tutele e attenzioni ovviamente superiori a quelle degli adulti. Un numero di ragazzini (o presunti tali) che cresce a dismisura, fuori controllo, con dichiarazioni spesso mendaci sulla loro reale età quando scendono dai barconi. Un esercito di diciassettenni che, in tantissimi casi, non risultano tali una volta che vengono effettuate le verifiche, attraverso i complicati incroci anagrafici o con la misurazione dello sviluppo osseo del polso.
Solo durante l’estate, sono sbarcati oltre tremila ragazzi senza nessun parente ad accompagnarli, quindi meritevoli – fino a prova contraria – di una presa in carico speciale.
La minore età di chi viaggia solo, d’altronde, è una caratteristica decisiva nell’attribuzione dello status di rifugiato, inducendo molti a dichiarare il falso: significa infatti accedere automaticamente al percorso di accoglienza, che prevede la cura (fisica e psicologica) e un inserimento sociale mirato e progressivo.
Si tratta di una serie di compiti definiti dalla legge Zampa del 2017, la quale attribuisce ai Comuni le competenze – più che altro, gli oneri – nel portare avanti il lavoro di gestione di questi minorenni. Nonostante le proteste di alcuni sindaci, che indicano come le norme dovrebbe attribuire solo “funzioni sussidiarie” ai municipi, in realtà il peso si scarica soprattutto sugli enti locali. Come a dire che il federalismo, quando fa comodo, viene applicato alla lettera, scaricando buona parte dei costi per fare accoglienza.
Un minore non accompagnato, inserito in un centro specializzato con educatori professionisti, può costare fra i 100 e i 120 euro al giorno. Oltretutto posti a disposizione per nuovi inserimenti non ce ne sono più. Per questo nelle ultime settimane si è riacceso il dibattito su possibili modifiche legislative, in modo da intercettare chi si dice minorenne senza esserlo, considerando che il 60% degli under 18 arrivati nell’ultima estate ha dichiarato di avere proprio diciassette anni, creando un picco decisamente sospetto che nasconde senza dubbio un gran numero di autocertificazioni taroccate. L’ipotesi del governo è di introdurre una sorta di onere a carico del rifugiato per dimostrare la propria data di nascita, ma è chiaramente un discorso complicato da introdurre.
I dati fissati al 30 settembre 2023 dal Ministero del Lavoro parlano di 23.531 minori non accompagnati presenti in Italia, per l’88% maschi e con il 43,6% appunto dell’età dichiarata di 17 anni. Questa percentuale sarebbe ancora più alta, se non fosse che un quinto dei minorenni siano arrivati dall’Ucraina, cioè da un contesto con nulla c’entra con le dinamiche dell’immigrazione classica e che ha dunque calmierato l’età media di questa fascia di stranieri. Altro dato che fa riflettere, riguarda la nazionalità dei giovani approdati senza tutori sul territorio nazionale: il 20,6% arrivano dall’Egitto e il 10,2% dalla Tunisia, con una concentrazione tale da far apparire il fenomeno come localmente organizzato, mentre stanno crescendo anche i minorenni di Gambia (8,6%), Ghana (7,3%) e Costa d’Avorio (6,3%).
Oltre questi numeri, ci sono tante complessità da considerare. Le più gravose sono in carico ai Comuni, sempre più alle prese con situazioni difficili e onerose. A livello regionale, i minori non accompagnati vengono accolti in primis nelle strutture siciliane (25,7%), poi in quelle Lombarde (12,1%) ed emiliane (8,1%). Ma i cosiddetti posti di seconda accoglienza, vale a dire quelli specificamente strutturati per lo scopo, sono circa 6mila e risultano perennemente tutti occupati, costringendo a prolungare la permanenza di molti minorenni nei centri primari, non certo ideali per gestire chi ha effettivamente diritto a un’assistenza tutelata.
Un ultimo aspetto, non proprio secondario: ogni giorno una dozzina di minorenni scappa dai centri, diventando fantasmi. Negli ultimi cinque anni, in oltre 20mila hanno fatto volontariamente perdere le loro tracce. In tanti casi finendo nelle mani della criminalità organizzata, oppure dirigendosi verso altri paesi di un’Europa che continua a non prendersi la responsabilità di governare in maniera coordinata e intelligente il fenomeno.
Le considerazioni proseguono sul nostro articolo: “Migranti minorenni: l’Unione Europea non muove un passo, l’Italia mette i soldi per non lasciare soli i suoi Comuni”